Segreto professionale e privacy

Segreto professionale

Come stabilito dalla normativa, lo psicologo e lo psicoterapeuta sono tenuti alla totale riservatezza nel rapporto con il paziente.

Questo significa che, senza un’autorizzazione esplicita messa per scritto e firmata dal paziente, non si è autorizzati a comunicare a nessuno se si ha (o non si ha), in trattamento uno specifico paziente.
Una particolarità di questa regola riguarda la specificità della consulenza al minore: in questo caso è necessaria l’autorizzazione scritta di entrambi i genitori.

L’unica eccezione al segreto professionale è l’obbligo di segnalazione agli organi di vigilanza e sicurezza in caso di grave rischio per l’incolumità delle persone. La segnalazione deve comunque limitarsi a dare le informazioni necessarie per scongiurare il pericolo senza riguardare i contenuti del percorso terapeutico.
Per il buon esito del trattamento chiedo sempre l’autorizzazione a confrontarmi con il medico di base, lo psichiatra o gli altri sanitari che hanno in cura il paziente.
Oltre che essere un invito espressamente esplicitato dal codice deontologico, trovo la collaborazione tra le varie figure professionali coinvolte nel processo di cura molto fertile e sempre utile, se ben coordinata.
In ogni caso sono tutte figure tenute, come lo psicologo, al segreto professionale.

Nelle altre eventualità, per quanto siano comprensibili e spesso anche fondate, le preoccupazioni dei familiari dei pazienti impegnati in un percorso psicologico o psicoterapeutico, non è possibile da parte del professionista fornire alcuna informazione senza l’autorizzazione scritta del paziente stesso.
Per quanto frustrante possa essere, deve essere chiaro che la relazione terapeutica si nutre di fiducia; nella misura in cui questa fiducia si incrina da parte del paziente tutto il percorso è fortemente minacciato e a rischio drop-out (fallimento).
Oltre che passibile penalmente, non è consentito arrecare un danno simile al paziente che è, e deve rimanere sempre, il soggetto più tutelato.

privacy
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Privacy

Che i dati personali e sensibili di una persona debbano essere trattati con la massima cura e attenzione è sancito dalla legge e un professionista è tenuto ad adeguare le proprie procedure di trattamento dei dati in base alle nuove indicazioni contenute nel cosiddetto GDPR entrato in vigore il 25 maggio 2018.
L’adeguamento comporta attivare protocolli di sicurezza che impediscano violazioni sia per quanto riguarda il formato cartaceo che digitale, sia dei dati personali (pop up che si apre passando il mouse: dati come il nome, cognome, codice fiscale, indirizzo, numero di telefono ecc. ) che dei dati sensibili (pop up che si apre passando il mouse: dati che riguardano la vita intima delle persone come l’orientamento sessuale, le idee politiche, lo stato di salute, i sintomi, la diagnosi psicologica ecc. ).
Questo significa aggiornare i programmi di sicurezza digitali, chiudere la documentazione in armadi dotati di serrature situati in stanze chiuse a chiave e con accesso limitato.
Chiunque entri in contatto con tali dati (per motivi fiscali e amministrativi come l’Agenzia delle Entrate, o il commercialista) deve essere segnalato e i soggetti intestatari devono poter sapere chi sono coloro che ne entrano in possesso.
In qualunque momento l’intestatario può ritirare il suo consenso e in quel caso il rapporto professionale deve necessariamente interrompersi.
Per questo motivo utilizzo una tipologia di modulistica unica che definisce questi temi e assicura al paziente la dovuta protezione e tutte le informazioni riguardanti il trattamento concordato.

Riferimenti normativi:
– D.L. n 196 del 30 giugno 2003
– Regolamento europeo 2016/679 (General Data Protection Regulation o “GDPR”)
– Codice Deontologico degli psicologi
– Art. 200 c.p.p. ”Segreto Professionale”

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